venerdì 12 luglio 2019

Il simbolo perduto (Dan Brown) - recensione

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Robert Langdon, famoso professore di simbologia ad Harvard, è in viaggio per Washington. È stato convocato d'urgenza dall'amico Peter Solomon, uomo potentissimo affiliato alla massoneria, nonché filantropo, scienziato e storico, per tenere una conferenza al Campidoglio sulle origini esoteriche della capitale americana. Ad attenderlo c'è però un diabolico individuo, tatuato dalla testa ai piedi, che progetta di servirsi di lui per disseppellire un segreto che assicurerebbe a chi lo possiede un enorme potere.
Langdon intuisce qual è la posta in gioco quando all'interno della Rotonda del Campidoglio viene ritrovato un agghiacciante messaggio: una mano mozzata col pollice e l'indice rivolti verso l'alto. L'anello istoriato con emblemi massonici all'anulare non lascia ombra di dubbio: è la mano destra di Solomon. Langdon scopre di avere solamente poche ore per ritrovare l'amico, sempre che sia ancora vivo. Viene così proiettato in un labirinto di tunnel e oscuri templi, dove si perpetuano antichi riti iniziatici. La sua corsa contro il tempo lo costringe a dar fondo a tutta la propria sapienza per decifrare i simboli che i padri fondatori hanno nascosto tra le architetture della città. Fino al sorprendente finale.
In questo nuovo capitolo del fenomeno mondiale che è stato Il Codice da Vinci, Dan Brown dimostra ancora una volta di essere uno dei più intelligenti scrittori contemporanei di thriller. Il simbolo perduto è una pietra miliare del genere, con una trama formidabile che si snoda a ritmo incalzante in una selva di simboli occulti, codici enigmatici e luoghi misteriosi.

RECENSIONE

Eccoci di nuovo alle prese con il professore Robert Langdon dopo "Angeli e Demoni" e "Il codice Da Vinci".
Quello che più amo di questo autore è l'infarcitura di concetti e spiegazioni che arricchiscono il romanzo, rendendo le ambientazioni e la risoluzione degli enigmi sempre molto realistici e interessanti.
In questo romanzo tutto si svolge a Washington (descritta così bene che viene voglia di partire a visitare i posti di cui parla) anche se nell'80% del romanzo Langdon si troverà sempre sotto terra, in posti angusti e bui (per un claustrofobico come lui è una... goduria!).
A differenza degli altri romanzi, qui il protagonista avrà sempre degli aiutanti al suo fianco e il più delle volte saranno loro a trovare la vera soluzione agli enigmi.
Tutto comincia con la sparizione di un suo caro amico, capo della Massoneria, e con il ritrovamento della sua mano mozzata con sopra dei tatuaggi e delle scritte enigmatiche.
Ed ecco che Langdon avrà a disposizione solo poche ore per trovare il suo amico e scoprire cosa si cela dietro a quel rapimento.
Qui il ritmo è meno serrato rispetto agli altri romanzi (anche se tutto inizia e finisce in meno di 24 ore) e si capisce chi è il cattivo di turno a metà romanzo, ma rimane una forte curiosità intorno al fascino della Massoneria e ai suoi segreti, soprattutto perché qui vengono uniti alla scienza tramite la noetica, di cui mi sono innamorata e che intendo approfondire!
Tutta la storia è molto bella, ricca di colpi di scena e c'è un grande via vai di personaggi tra Massoni e agenti della CIA. 
Solo il finale lascia molto a desiderare perché la "parola" che tutti cercavano mi ha irritato non poco quando ho capito di cosa si trattava e le ultime soluzioni dell'enigma piovono un po' dal cielo, senza una vera ragione logica, come se l'autore non sapesse più cosa inventarsi. Infine, ho trovato ridicolo il cattivo di turno quando ho  capito che tutto quello che aveva organizzato l'aveva fatto con uno scopo ridicolo, a mio giudizio. Non posso svelare di più per non spoilerare ma è legato alla morte del cattivo (PICCOLO SPOILER: se era questo il suo scopo, allora si poteva provvedere prima, senza arrivare a tanto).

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