martedì 7 gennaio 2020

Capitolo 3 di "Ti ho presa"


Ginevra


Nonostante la tensione, fui subito pervasa da una meravigliosa atmosfera quando misi piede all’interno del Bridge.
Il night era molto sobrio, elegante, raffinato, con le pareti rivestite con una carta da parati in tessuto blu reale a fantasie floreali damascate e dorate, che riflettevano le luci soffuse e calde dei lampadari sospesi in cristallo.
Anche i tavoli erano scuri ma opachi, a differenza del pavimento di marmo nero d’Africa con venature oro.
La musica che la pianista stava suonando si diffondeva nell’aria armoniosamente, spingendomi a rilassarmi e a godermi quell’esperienza unica.
Lucky e Mike ci fecero accomodare a un tavolo con divanetti e poltroncine in pelle nera dallo stile retrò.
L’atmosfera era sicuramente cupa, ma grazie all’illuminazione e all’accoglienza che si percepiva, era impossibile non sentirsi al sicuro, benvenuti e pronti ad essere coccolati dal personale affabile e subito pronto ad accorrere al minimo cenno, ma senza risultare invadente o indiscreto.
«Dove porta quella scala?», chiesi a Mike che si era seduto accanto a me.
«Non sono mai venuto qui dentro, ma mi hanno raccontato che al piano di sopra ci sono dei privé e delle stanze per dormire. Non è un albergo, ma Lorenzo Orlando ha voluto creare una sezione per chi avesse bisogno di smaltire la sbornia o fosse venuto in dolce compagnia. Invece, al piano interrato c’è una grossa sala per ricevimenti speciali e un biliardo. Non so bene cosa succeda lì sotto, ma qualcuno pensa che sia legata alla criminalità organizzata della famiglia Orlando. Infine, al secondo e ultimo piano, dovrebbe esserci l’appartamento del proprietario.»
«In questo modo non perde di vista i suoi affari», commentai sospettosa.
«È un uomo a cui piace avere il pieno controllo.»
«L’avevo capito.»
«Anche adesso è lì che tiene sott’occhio tutti noi.»
«Dal suo appartamento?»
«No, da laggiù», mi corresse, indicandomi con un cenno del capo uno spazio rialzato in fondo al locale.
«Non guardarlo! Se ti becca, s’insospettisce e ci caccia!», mi rimproverò Mike, ma io ero troppo curiosa. Non avevo mai visto un Orlando in vita mia ed ero curiosa.
Scandagliai ogni persona presente a quel tavolo messo in una posizione privilegiata, a cui si accedeva tramite una piccola scalinata di sei gradini.
C’erano tre uomini e cinque donne.
L’uomo a sinistra era preso dal suo palmare e non sembrava minimamente attento alla conversazione del tizio alla sua destra, che si stava sbracciando nel raccontare qualcosa di buffo che faceva ridere le donne presenti.
Mi chiesi chi di loro potesse essere Lorenzo Orlando.
Forse quello tutto concentrato sul palmare?
Spostai lo sguardo a destra e i miei occhi si scontrarono con quelli del terzo uomo.
In completo imbarazzo per essermi fatta sorprendere a fissarlo, abbassai lo sguardo e tornai sui miei amici che stavano ordinando una Menabrea.
Ne ordinai una anch’io, senza sapere cosa fosse. Ero ancora scossa per quegli occhi addosso.
Incapace di controllarmi e di concentrarmi sulla conversazione al mio tavolo, riportai lo sguardo su quell’uomo.
Sussultai quando notai che stava continuando a fissarmi.
Stavo per distogliere lo sguardo di nuovo, ma una parte di me decise di tenere duro e di non mostrare il mio disagio.
Inoltre, volevo sapere! Era lui il famoso Lorenzo Orlando?
Mantenni lo sguardo incatenato al suo.
Anche se la luce era fioca, notai il colore ambrato dei suoi occhi. Un colore pieno, giallo ocra con striature ramate.
Non avevo mai visto degli occhi di quel colore e rimasi senza fiato.
Avevano qualcosa di magnetico, affascinante e catalizzante.
È lui Lorenzo Orlando! Ne sono sicura!
Rimasi ad ammirarlo, lasciando scorrere lo sguardo sul suo viso squadrato, sulla sua pelle abbronzata e sulla sua barba incolta che gli ombreggiava la mascella.
Ero sorpresa. Mi ero aspettata di trovarmi di fronte un uomo curato nei minimi particolari, molto impostato e attento a dare un’immagine perfetta di sé. E invece…
L’accenno di barba, i capelli castani spettinati, un lieve cenno di occhiaie… mi davano più l’impressione di un uomo vissuto, uno a cui la vita non aveva dato il mondo in mano, ma che aveva dovuto crearsi il suo spazio da solo.
Ero affascinata e incantata da quell’immagine.
Tuttavia Lorenzo Orlando era tutto tranne che un uomo trascurato, eccessivamente stravagante o poco attento ai dettagli.
Sembrava che ogni cosa fosse perfetta nella sua imperfezione e il suo completo scuro di seta faceva pendant con la camicia nera aperta sul davanti, donandogli un’aurea di potere che trasudava da ogni poro.
Era sfacciatamente irresistibile. Il suo modo composto e controllato con cui stava seduto, si portava il drink alla bocca seducente e mi guardava, mi sconvolgeva e mi attraeva come una falena con il fuoco.
Pericoloso e ammaliatore come un diavolo.
Ecco ciò che pensavo di lui.
Ero ancora rapita a guardarlo quando lo vidi alzare il calice del suo Manhattan e accennare ad un brindisi nella mia direzione.
Mi sentii le guance avvampare e il suo sorriso seducente mi fece comprendere quanto fosse palese il mio imbarazzo.
Sprofondai dalla vergogna e di corsa distolsi lo sguardo.
Avevo il cuore che mi pulsava in gola talmente ero agitata.
Il pensiero di essermi fatta beccare per ben due volte a fissare un uomo che non avrei neanche mai dovuto incontrare, mi fece venir voglia di scappare a gambe levate.
Ginevra, stai giocando con il fuoco!
Guardai il piano del mio tavolo e mi trovai di fronte a un boccale di birra.
Sul bicchiere c’era il marchio della birra italiana Menabrea.
Feci una smorfia.
Odiavo la birra.
Incapace di fare qualsiasi cosa, alla fine mi arresi ad ascoltare Mike che aveva iniziato a parlarmi della sua ex fidanzata, con cui era stato per quattro anni.
Finsi interesse per parecchio tempo.
In realtà la mia mente continuava a tornare su quell’uomo a pochi metri di distanza e sui suoi occhi dorati che m’ipnotizzavano.
Purtroppo, dopo un quarto d’ora la noia ebbe la meglio e, senza riuscire a fermarmi, il mio sguardo andò di nuovo a posarsi su Lorenzo Orlando.
Non riuscivo a capire come un uomo come lui potesse far del male a un Rinaldi.
Anche se intuivo un velo di tenebre e aggressività, Lorenzo sembrava una persona troppo controllata e rilassata per far del male a qualcuno.
Come se avesse sentito il mio sguardo su di sé, di colpo lo vidi girarsi verso di me.
Mi si spezzò il respiro quando notai il suo sguardo farsi duro e sospettoso.
Sì, Lorenzo Orlando era un uomo pericoloso e improvvisamente mi sentii in trappola.
Tornai immediatamente su Mike e mi ripromisi di non alzare più gli occhi su Lorenzo.

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