martedì 27 febbraio 2018

Estratto "Il non fidanzato peggiore del mondo"


SINOSSI. Cosa succede quando hai appena rischiato di rompere il naso all'attore Marc Hailen, famoso per aver appena assicurato il suo corpo per dieci milioni di dollari?
Berenice non credeva di aver mai avuto bisogno di rispondere a una simile domanda, ma il destino avverso, unito a quadrature e costellazioni sfavorevoli, ha voluto farla scontrare con uno degli uomini più belli, famosi e ricchi del momento!
Riuscirà Berenice a trovare una soluzione per tenere a bada il temperamento presuntuoso e arrogante del divo Marc Hailen senza innamorarsene?



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Non licenziarmi. Non licenziarmi. Non licenziarmi. Non licenziarmi. Non licenziarmi.
Berenice era talmente preoccupata di sentire le fatidiche parole “Sei licenziata” da non riuscire nemmeno ad ascoltare il suo capo che gli stava facendo un lungo monologo sull’andamento dell’azienda e sulle problematiche interne che avevano spinto il consiglio d’amministrazione a procedere ad alcuni drastici cambiamenti, partendo proprio con il licenziamento di venti dipendenti. Quattro per settore.
E ora, proprio dopo aver pregato a lungo negli ultimi giorni nella speranza di non essere mai convocata, ecco che il direttore l’aveva chiamata nel suo ufficio.
L’idea di venire licenziata l’atterriva. Non era tanto il pensiero di lasciare un lavoro dove aveva preparato buste paghe e archiviato fatture per quattro anni come un automa, ma piuttosto tutte le conseguenze che ne sarebbero derivate, in particolar modo quella riguardante la proposta di sua madre che la rivoleva a casa, sotto la sua soffocante ala protettrice.
Era talmente assalita dalla disperazione che riuscì a cogliere solo frammenti del lungo discorso del suo capo.

«La crisi non lascia scampo… Il piano finanziario… ci sono state delle discrepanze… occorre apportare una ventata di cambiamento… nuova liquidità… purtroppo… troppi dipendenti… spese eccessive… taglio del personale inevitabile senza una nuova politica… Signorina Collins, è d’accordo con me?»
Berenice continuò ad annuire spaventata con la testa altrove.
«Signorina Collins, ha capito?», chiese un po’ più deciso l’uomo, facendo sussultare la giovane donna dalla sedia.
«Ce… certo. Sono perfettamente d’accordo con lei», si riprese in fretta Berenice, sperando di non aver appena detto di essere d’accordo con il suo licenziamento. Perché quando si agitava non riusciva mai a seguire un discorso senza perdere il filo dopo due secondi?
«Bene! Quindi lei ha già un piano efficace per i prossimi, non so, tre… cinque anni?»
«Ma certo!», basta che non mi licenzi.
«Non la credevo così ferrata nel campo. E pensare che avevo il suo nome nella lista delle persone da licenziare! A questo punto, non mi rimane che aspettare di leggere le sue idee. Mi aspetto un piano finanziario innovativo per la nostra azienda sulla mia scrivania per lunedì.»
«Piano finanziario?»
«Sì, niente di che. Giusto due idee su come far risalire la china all’azienda entro tre anni. Questa documentazione può servirle. La prenda pure e… mi raccomando, non mi deluda», la congedò il capo, porgendole un plico alto quindici centimetri.
Una volta fuori dall’ufficio di Mr Footer, Berenice si ritrovò a camminare verso la sua scrivania con la testa ancora intontita. Non sapeva se saltare di gioia per essersi salvata il posto o se scappare lontano lanciando per aria tutti quei fascicoli dato che non sapeva neanche da che parte cominciare a organizzare un piano finanziario in grado di risollevare le sorti della casa editrice per cui lavorava.
Per quattro anni aveva redatto buste paghe per tutti i dipendenti dell’azienda usando un programma informatico facilissimo oppure aveva protocollato le comunicazioni interne e al massimo archiviato le fatture dopo averle passate alla sua collega Sandy.
Quelle erano le uniche cose che sapeva fare. Le uniche che aveva imparato, oltre a passare il tempo libero su Facebook e Twitter o a fare shopping su Amazon e eBay.
Se nell’ambito informatico era una dilettante, nel campo finanziario era totalmente analfabeta.
Appena arrivò alla sua scrivania, accanto a quella di Sandy, si lasciò cadere goffamente sulla sedia con lo sguardo perso nel vuoto.
«Nice, allora? Ti ha licenziato?», si preoccupò subito la collega.
«Non ancora», le rispose Berenice demoralizzata.
«Cosa vuoi dire?»
«Voglio dire che sono scampata al licenziamento solo per ora, fino a lunedì», la informò prendendo una galletta ricoperta di cioccolato dal cassetto. Le veniva sempre fame quando era sotto stress.
«Te l’avevo detto di comprare il talismano della fortuna su eBay! Con quello a quest’ora non saresti in questo casino», la rimproverò Sandy, sventolandole addosso una sorta di segnalibro rosso con scritte cinesi dorate e un nastro rosso, portatore di fortuna e successo.
«Non credo a queste cose.»
«E fai male! Soprattutto con la quadratura di Saturno e Venere che renderà questo giugno un inferno a tutti i Sagittari. Ti avevo avvisata due settimane fa che questo mese avresti avuto una brutta sorpresa dietro l’altra. Anche mia cugina Dorinne è sagittario e tu non hai idea di cosa stia passando.»
«Sandy, ti prego… Io sono già nata sotto una stella avversa e la scelta del mio nome ne è la conferma», sbuffò Berenice spazientita dall’indole esageratamente superstiziosa dell’amica. Inoltre odiava il suo nome. Le ricordava Berenice, la tragedia di Racine, in cui la sua omonima rinunciava all’amore per sempre, scegliendo così la solitudine. La stessa solitudine che sentiva Berenice ormai da molto tempo.
«Allora? È la nostra Berenice la quarta dipendente a dover lasciare l’azienda?», disse la voce flautata di Karen Jordan, l’ultima arrivata che a quanto pareva era troppo in gamba per rischiare il posto.
Troppo in gamba a portarsi a letto Mr Footer!
«Non ancora», le rispose acida Berenice, incenerendola con lo sguardo, ma Karen si era già voltata ridendo per avviarsi verso qualche altra vittima indifesa a cui dar fastidio.
«Quanto vorrei potermi vestire come lei», sospirò Sandy, cercando di tirare in dentro la pancia senza togliere gli occhi di dosso al fisico atletico e sinuoso di Karen, fasciato in un completo in pelle nera che la faceva sembrare una pantera affascinante e sexy.
«E apparire come lei? No, grazie. Detesto le persone che utilizzano la propria bellezza per ottenere tutto ciò che vogliono.»
«Sono d’accordo con te, ma agli occhi della gente noi risultiamo solo come due Taglie L invidiose di una Taglia XS. Che mondo infame!»
Purtroppo Sandy aveva ragione e alla fine a Berenice non rimase che rimettere nel cassetto la sua galletta di cioccolato e tornare a lavorare.

Appena l’orario d’ufficio terminò, a differenza degli altri, le due colleghe si avviarono verso il bar vicino all’ufficio, dove lavorava il cugino di Sandy.
«Perché tuffarsi subito nel parcheggio e litigare con gli altri, quando basta aspettare mezz’ora per poi arrivare al parcheggio semideserto dove far manovra senza paura di bocciare?», ripeteva Sandy per giustificare la supercoppa di gelato che mangiava sempre prima di tornare a casa, dove c’era sua madre ad aspettarla con la solita insalata scondita, obbligatoria per far dimagrire la figlia.
Come al solito scelsero due coppe gelato con panna.
Harry, il cugino di Sandy, venne a prendere le ordinazioni.
«Avete visto che delirio ha causato l’arrivo della troupe cinematografica per il film The Supremacy?», esclamò esuberante Harry.
«Mi chiedo come sia venuto in mente a un regista famoso come Rob Sorenson di girare alcune scene di un suo film in una città così anonima e insignificante come Brocketville», commentò Sandy dopo aver dato un’occhiata superficiale al menu dei gelati, che in realtà conosceva a memoria.
«O come abbia fatto a venire a conoscenza dell’esistenza di questa piccola città dimenticata da Dio! Insomma, Brocketville non ha un patrimonio artistico o culturale di un certo rilievo, non è la sede di nessuna azienda famosa o il centro di qualche avvenimento soprannaturale. Come si fa a scegliere un posto come questo per un film?», si accodò Berenice.
«Non lo so, ma ieri alla televisione hanno detto che oggi finivano le riprese e finalmente riaprivano la strada qui davanti. Peccato, perché con la speranza di scorgere qualche attore, molti sono venuti fin qui a prendere da bere. In questi tre giorni, abbiamo fatto affari d’oro.»
«Cosa ci sarà di speciale in tutta questa gente famosa, io proprio non capisco», ammise contrariata Berenice, che anche se aveva parcheggiato sempre la macchina accanto alle transenne che delimitavano lo spazio riservato alle scene del film, non si era mai soffermata a osservare se vedeva un attore, in particolar modo David Donkey e Marc Hailen, di cui molte fans avevano tappezzato di foto e dediche la città.
«Ma sei impazzita? Io farei carte false per avere l’autografo di David Donkey. Avevo anche chiesto a Mr Footer un permesso, ma quel bastardo non me l’ha dato», sbottò Sandy ancora infuriata di aver avuto a due passi dal posto di lavoro le riprese di un film con il suo attore preferito, senza però avere la possibilità di rimanere a vederlo.
«Io non saprei che farmene di un autografo», proruppe Berenice.
«Neanche di Marc Hailen?», la stuzzicò Harry, che conosceva i gusti della sua ex compagna di scuola.
«Esatto. Mi piace come suonava il violino, non la sua calligrafia», si affrettò a chiarire. Marc Hailen era stato il violinista di un gruppo pop che aveva fatto scalpore. Unire la dolce melodia del violino alle note più urban dei Dark Angels aveva fatto salire nelle classifiche il famoso gruppo musicale, soprattutto se il giovane violinista in questione suonava sul palco vestito solo con un paio di jeans lacerati e consumati, lasciando ben in evidenza il resto del suo corpo perfetto.
Negli ultimi anni, però, il musicista aveva abbandonato la musica e si era interessato al cinema.
Dopo due film diretti dalla famosa coppia Emily Keys e Steven Maddle, gli zii del ragazzo, Marc si era lanciato totalmente nel cinema e dopo soli tre anni, aveva già girato quattro film di successo.
«Io invece lo odio. Come ha potuto lasciare i Dark Angels? Ha tradito i suoi stessi amici e tutti i fans!», s’intromise Sandy.
«Probabilmente non veniva pagato abbastanza. Certa gente non sa accontentarsi», ipotizzò Harry.
«Può darsi. Ho sentito dire che proprio Marc Hailen ha appena assicurato il suo corpo per dieci milioni di dollari», sussurrò Sandy scandalizzata.
«È vero. L’ho letto su Tabloid. A quanto pare, basta dargli un pugno in faccia e lasciargli anche solo un livido, che devi lavorare dieci vite per risarcirlo.»
«Che narcisista!», disapprovò Berenice, ricordando che anche lei aveva letto la notizia in internet proprio quella mattina.
Fortunatamente i due gelati arrivarono subito e tutti i discorsi e i pensieri cupi sulla loro situazione lavorativa precaria furono presto dimenticati per lasciare spazio al gusto delle creme che si mescolavano nella coppa.
Purtroppo quando uscirono dal locale, il sole era stato sostituito da un acquazzone che aveva raffreddato l’aria e inzuppato in pochi secondi ogni malcapitato senza ombrello.
«Oh no! Mi bagnerò tutta e rovinerò le scarpe nuove», si lamentò subito Berenice cercando un modo per riparare le sue ballerine scamosciate rosse dalla pioggia battente.
«Io ti avevo avvisata! L’oroscopo non mente mai! A domani», rise divertita Sandy, correndo alla propria macchina.
Ormai arresa a essere vittima di astri, quadrature e cattive stelle, Berenice si mise a correre nella direzione opposta verso la macchina più vecchia e malmessa del parcheggio ormai vuoto.
Quando arrivò al veicolo, era già completamente fradicia, con i capelli incollati al viso a impedirle la visuale.
Fortunatamente non dovette perdere tempo a cercare le chiavi per aprire la macchina, dato che dopo l’ultimo tagliando si era rotta la serratura che ora funzionava solo dall’interno.
Alla fine aveva deciso di evitare di spendere altri soldi per quel rottame e che poteva continuare a usare la macchina anche se non poteva chiuderla dal di fuori.
E poi… Chi mai ruberebbe una macchina del genere?
Non valeva neanche quanto la benzina nel serbatoio.
Ma almeno aveva una macchina per andare a lavorare e fra meno di quattro anni avrebbe potuto anche vantarsi di avere una macchina d’epoca.
Sempre se fosse durata altri quattro anni!
In affanno per la corsa e per la pioggia, Berenice richiuse lo sportello e si mise a riprendere fiato cercando di asciugarsi.
Il tempo di accendere la macchina e partire che la pioggia era già cessata.
Sarebbe bastato aspettare dieci minuti ancora al bar e non avrebbe dovuto bagnarsi fino alle ossa e rovinare le scarpe nuove.
Imprecando contro la sfortuna, mise la prima e uscì dal parcheggio per poi avviarsi verso casa.
Finalmente sollevata di potersi togliere presto di dosso quei vestiti zuppi e appiccicaticci, imboccò l’ultima curva, ma proprio mentre stava per infilarsi nel cortile del suo condominio una macchina le sbucò di colpo sulla sinistra tagliandole la strada.
«Brutto deficiente! Non lo vedi che hai lo Stop!», gli urlò contro la ragazza, sterzando di colpo per evitare di completare la giornata con un incidente stradale.
Stava per riprendere il controllo del mezzo, quando vide di fronte a lei il muro che costeggiava il suo condominio.
Ancora con il cuore in gola per lo scampato pericolo di prima, riuscì ad avere i riflessi abbastanza pronti per frenare con tutta la forza che aveva in corpo.
La macchina sobbalzò sonoramente spingendo in avanti il corpo di Berenice che urtò contro il volante nonostante la cintura di sicurezza. Anche l’“enorme oggetto” che riempiva il sedile posteriore balzò in avanti per poi cadere rovinosamente sul pavimento dietro ai sedili anteriori.
Frastornata e tremante per quel susseguirsi di eventi, Berenice rimise in moto la macchina che a causa della frenata violenta si era spenta.
Maledicendo l’oroscopo, Sandy e i suoi talismani che la invitava sempre a comprare per scongiurare ogni tipo di tragedia, inserì la retro e si avviò in fretta verso casa che distava a pochi passi.
Ancora pochi metri e sono salva!
Stava per sorpassare il cancello, quando sentì un rumore provenire dal sedile posteriore.
Troppo concentrata sulla guida dopo quello che aveva appena passato, diede solo una rapida occhiata dallo specchietto retrovisore.
Dal riflesso intravide di sfuggita solo due occhi minacciosi guardare verso di lei dall’interno della sua macchina, ma questo le bastò per urlare di paura e perdere di nuovo il controllo della vettura, che andò a schiantarsi contro il muretto divisorio dei posti numerati del parcheggio condominiale.
Nessun airbag esplose e Berenice si ritrovò con il petto piantato contro il volante e il ginocchio destro sbattuto rudemente contro il cruscotto, mentre la presenza alle sue spalle andò a colpire il suo sedile.
I suoi mugolii di dolore andarono a confondersi con quelli dell’altro.
Quando Berenice riaprì gli occhi e vide l’intero muso della sua macchina distrutto, dovette trattenersi dal piangere.
Ora non aveva più neanche la macchina!
«Chi cazzo ti ha dato la patente?», le urlò una voce maschile furiosa, facendola sobbalzare di paura.
Cercò di voltarsi, ma la cintura di sicurezza si era inceppata immobilizzandola, così alla fine dovette sfilarsela.
Il tempo di trafficare con quella trappola che la teneva imprigionata e lo sconosciuto era già uscito dall’autovettura.
Infuriata e spaventata, si tuffò fuori dalla macchina incurante del ginocchio dolorante.
Davanti a sé, si ritrovò un ragazzo sui venticinque anni che tentava di arrestare l’emorragia al naso con la manica della maglia.
«E tu chi sei?», gli urlò di rimando Berenice ancora indecisa se prenderlo a calci per averla spaventata al punto tale che lei aveva distrutto la macchina o se soccorrerlo dato che il naso gli si era gonfiato e continuava a sanguinare copiosamente.
«Guarda cosa mi hai fatto, idiota!», la investì lui furente, indicandogli il livido ormai gonfio al naso.
«Mi dispiace, ma forse dovevi pensarci prima di salire sulla mia macchina di nascosto! Tu, piuttosto! Guarda la mia macchina! Che disastro! E ora chi mi paga i danni?»
«Pagare per quel catorcio?! Ma sei fuori di testa?! Non è colpa di nessuno se non sai guidare!»
«Io so guidare! Scusami tanto se mi è quasi venuto un infarto nel ritrovarmi un potenziale maniaco omicida alle spalle mentre stavo facendo manovra!»
«Ti sembra che io abbia la faccia da maniaco omicida?», s’indispettì il ragazzo, avvicinandosi a lei.
Seppur ancora scossa, Berenice non poté non esaminare meglio quel viso da vicino prima di dare una risposta.
Lo guardò bene anche se brevemente. Stava quasi per rispondere poco educatamente, quando fu attratta da qualcosa alle sue spalle.
Proprio dietro di lui c’era uno dei manifesti che avevano attaccato i fans degli attori di The Supremacy, il film che stavano girando in quei giorni.
Le bastò qualche secondo in più e improvvisamente l’immagine dell’attore Marc Hailen combaciò perfettamente con quella dell’uomo che aveva davanti.
Aprì bocca per parlare, ma non riuscì a emettere neanche un suono.
«Allora?», riprese lui sempre più innervosito, facendo andare in tilt il cervello di Berenice, che stava passando in rassegna tutti gli articoli e video che aveva visto su di lui.
«Hai assicurato il tuo corpo per dieci milioni di dollari», fu l’unica cosa che riuscì a dire con voce flebile, prossima a uno svenimento.
«Esatto. E ora se non vuoi passare il resto della tua vita a pagare per i tuoi errori, ti consiglio di darmi del ghiaccio e un caffè. Subito.»




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