Ginevra
Avevo pensato a Lorenzo Orlando per tutta la settimana.
Avevo letto libri, visitato gallerie d’arte, partecipato a
una riunione sui diritti civili, ma era come se tutto fosse insignificante e
privo di emozioni.
Solo quando ripensavo a Lorenzo, a ciò che gli avevo detto,
mi sentivo di nuovo viva ed elettrizzata.
Era incredibile!
Ero stata tentata di chiedere a Maya di riportarmi oltre il
fiume, ma non avevo osato fare una simile proposta apertamente.
Dentro di me avevo ancora la consapevolezza di quanto fosse
sbagliato ciò che avevo fatto e del pericolo che avevo corso. Eppure era stato proprio
quello a tenermi viva in quei giorni.
Mi bastava chiudere gli occhi per risentire la voce calda,
profonda, lievemente arrochita di Lorenzo.
Per non parlare dei suoi capelli castani disordinati che
facevano venire voglia di passarci le dita in mezzo.
O la sua barba lievemente incolta.
Non avevo mai toccato un uomo. Nemmeno mio padre o mio
fratello.
Una parte di me avrebbe voluto accarezzargli il viso per
sentire cosa si provava a sfiorare quella peluria ruvida e non rasata di
fresco.
Oh Dio, toccarlo…
Mi si spezzava il respiro ogni volta che ci pensavo.
L’idea mi eccitava e mi atterriva contemporaneamente.
Toccare un Orlando era proibito!
Ancora mi sembrava di sentire il calore della sua mano sul
mio braccio.
Eppure avrei pagato per provare di nuovo quella sensazione.
E i suoi occhi…
Oh Dio, Ginevra, calmati!
«Ginevra, vuoi tagliarti? Si può sapere a cosa stai
pensando?», sbottò Maya scalciandomi fuori dai miei pensieri.
«A niente», mi affrettai a dire continuando ad affettare le
cipolle.
«Non ti credo.»
«Stavo pensando a cosa prepararti. Spero che la pasta al ragù
di seitan ti piaccia», risposi prontamente, mettendo a soffriggere la cipolla insieme
al sedano e alle carote.
«Lo scoprirò presto, ma confido in te. Sei un’ottima cuoca,
anche se trovo vergognoso che i tuoi genitori non ti diano una domestica o un
aiuto per fare questi lavori.»
«Mio padre è stato chiaro: finché non la smetterò con la mia
dieta vegetariana e con questa fissa per i diritti civili, rimarrò segregata in
questa dependance e dovrò arrangiarmi da sola. Ormai sono diventata una
casalinga esperta.»
«Passi anche l’aspirapolvere?», mi domandò Maya disgustata.
«Sì. Cucino, lavo, stiro e mi rifaccio il letto da sola.»
«Cavolo! Io non potrei mai! Ti trattano come una schiava!»
«Non dire assurdità. Sono diventata indipendente e non faccio
nulla che la maggior parte delle persone non faccia tutti i giorni. Non tutti
possono permettersi dei dipendenti che ti sostituiscano in tutto, sai?»
«E a te sta bene così?»
«Sì», mormorai mogia. In realtà non m’interessava dover
pulire la casa o cucinare per me. Ciò che mi faceva stare male era che la mia
famiglia non mi volesse più, non accettasse la mia diversità e non mostrasse un
minimo interesse nei miei confronti.
Quelle poche volte che stavo con la mia famiglia era sempre
una sofferenza, perché mi parlavano sopra, non mi lasciavano intavolare un
discorso e peggio ancora, si rifiutavano di chiedere allo chef di preparare del
cibo a parte per me.
Mi sentivo spesso sola e ormai erano quasi tre anni che
venivo esclusa e trattata senza rispetto.
Anche quel mio trasferimento in quella dependance era
l’ennesimo tentativo di isolarmi per evitare che facessi parte della loro vita
familiare.
Pure mia sorella Rosa mi evitava e, da quando si era sposata,
aveva anche smesso di telefonarmi.
Con mio fratello Fernando non avevo mai avuto un bel rapporto
e non avevo mai patito la distanza che aveva messo tra noi due. Per il fatto
che fosse il primogenito, avesse dieci anni più di me e fosse il diretto erede
dell’impero di papà, si permetteva di fare il despota con chiunque.
«Ascolta, mi ha telefonato Lucky. Ha il tuo pass. A quanto
pare ha provato ad andare al Bridge
con i suoi amici, ma gli hanno detto che la tessera è nominativa e che senza di
te non poteva entrare. Mi ha chiesto se stasera ci andrebbe di ritornarci con
lui e un suo amico che vorrebbe presentarti. Mi ha fatto vedere una sua foto. È
un bel ragazzo! Magari potrebbe nascere qualcosa, non credi?»
Ripensai a Lorenzo.
Non l’avrei mai ammesso, ma avevo una voglia matta di
rivederlo.
«Ok», risposi lasciando basita Maya.
«Sul serio? Cioè, mi fa piacere, ma ero convinta che non
volessi più saperne del Bridge e
degli Orlando dopo quello che è successo sabato scorso.»
«Ho bisogno di cambiare aria.»
«Una volta, quando volevi cambiare aria mi chiedevi di andare
al cottage di mio nonno in montagna. Mentre ora mi stai dicendo che vuoi
tornare nella tana del lupo. Mi sa che ti ho contagiata con la mia follia di
fare cose proibite.»
«Può darsi», sorrisi allegra.
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