mercoledì 17 luglio 2019

10 assaggi di "Il mio Uragano sei tu" in anteprima!

1

«Hai la faccia strana», commentò Lucas, facendo scorrere lo sguardo su quella ragazzina che lo superava abbondantemente di oltre dieci centimetri in altezza. Anche se era magra e molto alta, aveva un viso largo e rotondo che spiccava sopra quell’esile corpicino piegato dal peso dello zaino.
La sua pelle era molto chiara, ma le guance erano arrossate dal freddo e la piccola bocca a cuore era stretta e tesa per la concentrazione che stava usando per piegare i due fazzoletti.
Lucas si soffermò incuriosito su quelle labbra così piccole e carnose, chiedendosi se riuscisse a mangiare qualcosa di più grande di una briciola.
Ma la parte che più lo affascinava erano gli occhi leggermente semichiusi e con una strana piega a mandorla. Anche se nascosti sotto la frangetta nera, dritta e un po’ troppo lunga, riuscì a scorgere due fiammanti occhi marroni con riflessi verdi scuri che gli ricordavano i boschi di Westurian Lake.

2

Kira lo fissò a lungo e come sempre rimase rapita da quel viso che aveva imparato ad amare, nonostante avesse spesso un aspetto diverso a causa delle percosse di suo padre.
Gli occhi nocciola risplendevano sempre sotto quella montagna disordinata di capelli castani, nonostante quel velo malinconico che troppe volte Kira aveva colto nel suo sguardo.
La faceva stare male sapere quanto il suo amico soffrisse e in tutto quel tempo passato insieme aveva sempre cercato di farlo stare bene e di renderlo felice.

3

«E allora non farlo! Non andare. Non lasciarmi solo… anche tu. Ti prego», balbettò terrorizzato Lucas, cominciando a tremare. Aveva perso sua madre e ora stava perdendo la sua migliore amica.
Perché tutte le donne a cui voleva bene prima o poi lo abbandonavano?
«Non voglio lasciarti solo», chiarì seria Kira, cercando di recuperare un po’ di lucidità.
«E allora non tornare in Giappone!», la supplicò Lucas con una voce così sofferente che a Kira sembrò una vera e propria pugnalata al cuore.

4

Ancora sotto lo sguardo di tutti i presenti, mi avviai con la mia solita aria di sfida lungo il corridoio.
Stavo per raggiungere l’atrio, quando rimasi folgorato da una visione. Perché di una visione si doveva trattare. Per forza.
Paralizzato da ciò che i miei occhi non riuscivano a concepire, mi bloccai con lo sguardo fisso davanti a me, finché i suoi occhi non incontrarono i miei.
Sconvolto e quasi terrorizzato da quell’allucinazione che mi stava mandando in tilt il cervello, la vidi incurvare quella piccola bocca a cuore che non avevo mai dimenticato e quando pensai che mi sarei ripreso dallo shock, mi ritrovai con il viso immerso nei suoi capelli neri e profumati, mentre due esili braccia si strinsero intorno al collo, trascinandomi verso di lei. Al centro del vortice di un uragano.

5

Mi guardai intorno e vidi vari gruppi di studenti guardarmi annichiliti.
«Faccio così paura?», mormorai, scorgendo il viso di quelli che sarebbero presto diventati i miei compagni di scuola.
«Non sei tu, ma è Lucas», m’informò Jane all’orecchio. «Nessuna ragazza si può permettere di avvicinarsi a Lucas come hai fatto tu poco fa.»
«Perché?», domandai confusa.
«Perché Lucas è un gran bastardo?», ipotizzò Roxanne arrabbiata. A quanto pareva c’era della maretta tra loro.
«In effetti è uno stronzo», confermò Jane.
«Pensavo ti piacesse», ricordai.
«Oh sì, Lucas piace a tutte ma… ti basta portartelo a letto una volta per scoprire cosa si nasconde dietro quel corpo da urlo», commentò Jane a occhi bassi.
«Cioè?», balbettai sconvolta.
«Un bel pezzo di merda! La sua specialità è portarti a letto e spezzarti il cuore a orgasmo pervenuto», mi spiegò caustica Roxy, lasciandomi allibita.
«Parlate per esperienza o…?», domandai subito dopo, pentendomene.

6

Non ero più abituato ad averla accanto durante le lezioni e dovetti costringermi a non posare lo sguardo sulle sue braccia scoperte e lievemente infreddolite.
Quel giorno non faceva così caldo. Perché non si era coperta di più?
Stavo quasi per dirglielo, quando il professore mi sbatté sul banco il compito della settimana scorsa.
«Il peggiore della classe», commentò aspro. «Cerca almeno di seguire la correzione che faremo adesso con gli altri.»
Stavo quasi per strappare il compito dal nervoso, quando sentii il respiro di Kira sulla spalla.
Mi voltai e mi ritrovai il suo naso a pochi centimetri dal mio viso.
«In effetti non è andata molto bene», commentò, prendendomi di mano il foglio su cui spiccava un’enorme effe rossa. «Perché non hai risposto a tutte le domande?»
«Perché non mi andava», sbottai irritato dalla sua invadenza e dalla sua espressione accigliata di fronte al mio insuccesso scolastico.
La vidi pronta a ribattere a labbra strette, ma per fortuna il professore iniziò a spiegare le risposte che si aspettava di trovare sul compito, che era andato male alla maggior parte dei ragazzi presenti.
«Non prendi appunti?», mi domandò nuovamente a voce bassa, alitandomi nell’orecchio.
“Con te vicino che mi provochi? È impossibile” avrei voluto risponderle dopo aver di nuovo posato lo sguardo sulle sue labbra leggermente imbronciate per il disappunto.
«Non mi va.»

7

Il giorno dopo ridevo ancora divertito da ciò che mi era successo, mentre mostravo a Split il livido sullo zigomo, finché andai a lezione e rimasi inchiodato davanti allo sguardo scioccato di Kira.
Lei non era abituata, a differenza degli altri, a vedermi così.
Provai a spiegarglielo, ma appena aprii bocca, la vidi correre fuori dall’aula in lacrime.
Quella ragazza aveva la capacità di farmi sentire un vero verme!
Prima che la professoressa giungesse in classe, uscii senza farmi vedere e mi avviai deciso verso i bagni. Ero sicuro di trovarla lì e infatti la scovai subito accovacciata per terra.
Stava piangendo e mi sentii ribollire il sangue nelle vene. Odiavo vedere piangere le donne. Le loro erano lacrime da coccodrillo. Lacrime false e traditrici.
«Alzati e vai in classe prima che arrivi la professoressa», sbottai nervoso, tirandola per un braccio.
Mi aspettavo di sentirmi cacciare via e invece Kira si avvicinò ancora di più a me e mi abbracciò forte, avvolgendomi i fianchi.
«Mi dispiace tanto. È tutta colpa mia! Non avrei dovuto lasciarti da solo con tuo padre», singhiozzò distrutta dal dolore.
Kira stava piangendo per me? Si sentiva in colpa per me?
Mi sembrò che il mio cuore saltasse un battito… o forse si era definitivamente fermato?
Anche il respiro rimase sospeso a causa di quella sofferenza che sentivo arrivarmi direttamente nell’anima.
Non avrei mai creduto di suscitare simili emozioni in altre persone.
Scosso e turbato da ciò che mi stava dilagando nel cuore, strinsi a mia volta Kira.

8

Ecco un’altra cosa di lei che era rimasta inalterata nel tempo e che mi aveva sempre conquistato: la sua totale e incondizionata fiducia in me. Ma la vera domanda era se mi meritavo tutto quell’affetto e quella fiducia. Ero merce avariata come mio padre ormai, ma Kira continuava a vedere il buono che c’era in me… o credeva di vederlo in seguito alla lontananza con la quale mi aveva idealizzato?
Cercai la risposta nei suoi occhi, ma trovai solo la solita adorazione che mi riservava sempre.
Spostai l’attenzione sulle sue labbra e di colpo la mia razionalità svanì come polvere nel vento.
Incantato e privo di una volontà propria, posai la bocca sulla sua e in quel preciso istante sentii di essermi appena fottuto con le mie stesse mani.

9

Lui era mio e io ero sua.
Mi era mancato così tanto in tutti quegli anni a Tokyo.
Lo guardai addormentato al mio fianco.
Lucas era lì. Era vivo. Vicino a me.
Nonostante la mia assenza, ce l’aveva fatta a sopravvivere, a non lasciarsi distruggere da quel padre padrone.
Mi ritrovai a piangere silenziosamente, felice di essere lì con lui e, mentre mi chinavo su di lui a baciargli i capelli, per la prima volta capii che non ero tornata a Princeton solo per lui, ma anche per me stessa. Ero io quella che non riusciva a continuare a vivere senza di lui. Senza poterlo abbracciare, toccare e… baciare.
Avevo bisogno di lui.
Avevo bisogno di sentirlo vicino, al sicuro…
Avevo bisogno di poterlo amare.
Allungai il braccio verso l’interruttore e spensi la luce.
Presi una coperta che tenevo piegata accanto al letto in caso di ne
cessità e l’aprii sopra di noi.
Cercai di coprirlo il più possibile e infine mi sdraiai dietro alla sua schiena.
Lasciai il mio corpo aderire al suo mentre con una mano tornai sui suoi capelli.
Lo accarezzai a lungo, assaporando la sua presenza e il suo respiro tranquillo.
Con un ultimo bacio sulla nuca, mi avvicinai ancora di più e lasciai che la mia bocca pronunciasse ciò che il mio cuore non riusciva a dire a parole.

10

“Amare significa non riuscire più a vivere senza quella persona” aveva detto qualcuno una volta.
L’idea di amare qualcuno mi aveva sempre terrorizzato a morte.
“Io non posso amare” gridò il mio cuore in tumulto.
Perché?
“Perché prima o poi tutti ti abbandoneranno. Tu sei merce avariata, Lucas!” ringhiava la voce ubriaca di mio padre nella mia testa.
Spaventato e angosciato da quei ricordi mi strinsi a Kira, sperando di cacciare via quelle urla dalla mia mente.


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